23/01/2020
Negli articoli precedenti abbiamo visto alcune strategie per aumentare le probabilità che il tuo messaggio venga letto dall’utente finale. Ci siamo soffermati sulle best pratices e su come puoi coltivare il tuo gruppo di utenti e trasformarli in acquirenti. Per continuare su questa strada scomodiamo poco poco le neuroscienze.
La mente, in particolare quella dell’utente, funziona in base a principi e schemi che, se sfruttati adeguatamente, possono diventare un’arma vincente su cui basare la strategia di email marketing.
Questi principi ci insegnano che la mente dell’utente è perlopiù:
Tradotto in linguaggio di email marketing l’utente ha bisogno di:
A questo proposto l’Osservatorio Statistico di MailUp ha svolto un’analisi quantitativa interessante sull’oggetto delle mail, nello specifico sull’utilizzo dei campi dinamici e delle emoji.
Dall’analisi di MailUp è emerso come gli oggetti brevi (1-24 caratteri) sono quelli che hanno un tasso di apertura unica (OUR) più elevato. La carta vincente sta nel trasmettere in 24 caratteri una piccola anticipazione dei contenuti e nel creare aspettativa nel destinatario per invogliarlo ad aprirla.
Potrebbe giocare a nostro sfavore cadere nella tentazione di utilizzare i campi dinamici per attirare l’attenzione del destinatario. È vero che leggere il nostro nome sullo schermo attira la nostra attenzione, ma l’analisi dell’Osservatorio Statistico ci dimostra che non sempre è così. Le mail che hanno nell’oggetto un campo dinamico hanno una percentuale di OUR più bassa di quelli che non lo hanno, rispettivamente del 16% e del 21%.
Il campo dinamico infatti ruba caratteri a informazioni realmente interessanti rivelandosi così un elemento di personalizzazione debole. Se si vuole utilizzarlo va accompagnato a contenuti in grado di generare aspettativa.
Le emoji si stanno imponendo nel linguaggio comune tant’è che nel 2015 😂 è stata eletta parola dell’anno. Se sono utilizzate correttamente nell’oggetto della mail, sicuramente catturano l’occhio del lettore, lo aiutano a focalizzare su alcuni elementi significativi e a tematizzare.
Attenzione però a non esagerare. Sebbene la comunicazione si stia orientando sempre più verso un linguaggio informale, sia nei casi di B2C che B2B, e le emoji stiano diventando parte integrante del nostro linguaggio, rimangono un elemento integrativo e non sostitutivo delle parole stesse.
L’efficacia di un oggetto si misura, dunque, sulla base di piccoli dettagli studiati ad hoc seguendo le strategie di content marketing e neuromarketing applicate al nostro target di utenti.
AUTORE: Irene Savoia – Performance Specialist