10/05/2019
In questi ultimi 10 anni passati a vendere – e molto spesso ad acquistare per conto di nostri clienti – servizi di Direct Email Marketing, abbiamo constatato che riconoscere un fornitore DEM affidabile, tra la moltitudine di società italiane ed estere che offrono questo servizio, non è per niente facile.
Le brutte sorprese non sono mancate, anche da quegli interlocutori che si vantavano di far parte di Associazioni di categoria e presenziavano ogni anno con i loro stand alle fiere di settore.
Per questa ragione, è utile descrivere le diverse tipologie di “aziende senza scrupoli”: smascherarle sarà più semplice!
È l’azienda più facile da smascherare, ossia quella che prima propone di fornirti un servizio di Direct Email Marketing e poi ti offre anche l’opportunità di acquistare una lista di indirizzi email. Ti garantisce la legalità dell’invio di comunicazioni commerciali, sostenendo che si tratta di indirizzi raccolti da elenchi pubblici: peccato però che la legge dica esattamente il contrario!
Secondo il D.Lgs.196 del 2003, infatti, qualsiasi comunicazione commerciale deve prevedere il consenso degli interessati anche qualora l’indirizzo sia stato raccolto da un elenco pubblico. In particolare, il provvedimento generale del Garante in materia di spam del 29 maggio 2003 ha chiarito che “chi acquisisce la banca dati deve accertare che ciascun interessato abbia validamente acconsentito alla comunicazione del proprio indirizzo di posta elettronica ed al suo successivo utilizzo ai fini di invio di materiale pubblicitario”. Non basta quindi nemmeno richiamare la buona fede nell’acquisto del database.
Un esempio tra tutti è l’azienda Primi sui Motori S.p.a., condannata dal Garante proprio per aver fatto attività di Email Marketing senza essersi assicurata che i componenti del database acquistato avessero dato il loro consenso.
Si tratta della tipica azienda con sito in italiano e che offre servizi quasi esclusivamente in Italia, ma che nella sezione Chi siamo o in fondo alle pagine riporta un nome aziendale seguito da Ltd. anziché da S.r.l. o S.p.a. Ha quindi spesso sede in UK o altro paese extra Unione Europea, dove la normativa sulla privacy è differente da quella italiana.
In particolare, nel Regno Unito non è necessario il previo consenso qualora l’indirizzo email appartenga ad un’azienda. In ogni caso, utilizzare questi fornitori espone l’azienda inserzionista a gravi rischi legali, poiché i destinatari dei messaggi potrebbero rivolgersi al Garante della Privacy per far valere i loro diritti. Senza contare i danni all’immagine aziendale per essere ricorsi a una campagna pubblicitaria rivolta a utenti che non hanno fornito il proprio consenso.
Vi parliamo qui delle aziende che hanno acquistato indirizzi email senza consenso e, non potendo utilizzarli per fare degli invii promozionali, pensano “bene” di usare come veicolo pubblicitario il messaggio in cui si richiede il consenso!
Le metodologie sono le più svariate, ad esempio le email pubblicitarie che in basso ed in piccolo recitano: “Questo non è un messaggio pubblicitario ma una richiesta di consenso all’invio di messaggi pubblicitari come questo”. Un altro esempio sono i messaggi composti per metà da informativa e richiesta di consenso e per l’altra metà dalla promozione del cliente.
Attenzione, perché anche questa forma abusiva di Email Marketing è stata vietata dal Garante: il provvedimento dichiara che “Tale disciplina non può essere elusa inviando una prima e-mail che, nel chiedere un consenso abbia comunque un contenuto promozionale oppure pubblicitario, oppure riconoscendo solo un diritto di tipo c.d. “opt-out” al fine di non ricevere più messaggi dello tesso tenore.”
Ecco i fornitori più difficili da smascherare: offrono spesso la possibilità di fare invii su milioni di indirizzi, ma si trincerano dietro a presunte ragioni competitive per negare i nomi dei propri fornitori e non permettere all’inserzionista di capire se il consenso alla privacy sia stato realmente raccolto. Sono anche le aziende da cui si ottengono le sorprese peggiori, in termini sia di risultato che di rischi legali.
Ecco quindi le 10 domande da fare per essere certi di non incorrere in questo tipo di fornitori: